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martedì 4 novembre 2008

03 novembre 2008

Beh, mi trovo un po’ in difficoltà a scrivere questo report, per due motivi. Il primo è che ho un raffreddore atroce e non sono molto lucida (durante il turno, ho addirittura vomitato catarri nel bagno di dialisi!). Il secondo, molto più importante, è che mi sembra che quello che ho provato stamani non abbia molto a che fare con il progetto, o forse si, non so, sono confusa. Comunque cercherò di farvi capire perlomeno il senso delle mie elucubrazioni mentali di stamani, è una cosa molto intima e ancora ne sto elaborando il senso, ma vi capirò se rinuncerete alla lettura del report.

Dunque, in pediatria è stato tutto tranquillo, 4 neonatini e due bimbi più grandi che sono stati molto felici della nostra visita. Un segno molto positivo è stata la richiesta della nostra presenza da parte di un medico del reparto, che si occupa delle prove allergologiche.
E poi dialisi... già, dialisi. Un effetto strano stamani quel reparto, davvero. Con Formaggino abbiamo avuto modo di parlare della ciclicità delle famiglie, del modo in cui certi errori tendano ad essere ripetuti di generazione in generazione e di come io avessi paura di essere schiava di un destino che non volevo. Ma per fortuna non è così, ognuno è libero di crearsi il proprio destino e può, anzi deve, cercare di correggere i propri errori, soprattutto quando li vede nei suoi cari e si accorge di dove li abbiano portati. Poi c’è chi non si accontenta, chi, come me, vuole cercare di far capire anche agli altri dove sbagliano e vuole capire cosa li abbia portati ad avere certi comportamenti (si, lo so, sono insopportabile ma lo faccio perché voglio vederli felici!!). Questi pensieri mi ronzavano già in testa stanotte e l’esperienza di stamani mi ha offerto una diversa chiave di lettura: la comprensione diretta, una connessione. E’ stata fondamentale. Formaggino mi ha lasciata da sola per qualche minuto con una paziente in dialisi e, dopo un primo sguardo, non ho più visto le cose normalmente. Ho visto un uomo anziano che, come la paziente che avevo di fronte aveva una famiglia, un lavoro, una vita e tanta tanta voglia di combattere, difficilmente si rassegnava a dover essere legato ad una macchina quasi tutti i giorni, non voleva, odiava dover stare lì. E poi ho visto un ragazzo di vent’anni, che come me si trovava a confrontarsi con una dura realtà, con tutte quelle macchine strane, a vedere il sangue nei tubicini e a sentire quell’odore strano, di chiuso, a dover portare suo padre lì un giorno si e un giorno no, sacrificando la sua vita pur di vederlo guarire. E così per anni e anni, dolore e rassegnazione di un figlio che ha dato tutto per il proprio padre. Un giorno il ragazzo, ormai cresciuto, ha detto al padre che sua moglie era incinta, il padre ha risposto semplicemente: “Sarà una femmina”. Mio nonno è morto, e otto mesi dopo quella strana premonizione sono nata io. Ecco, non sono sicura che questo sia un report giusto, ma una cosa è certa: sarò sempre riconoscente a quest’esperienza di avermi permesso di avvicinarmi un pizzico di più a comprendere mio padre mio padre, forse questo mi aiuterà a stargli meglio accanto, o forse aiuterà solo me, non so, comunque grazie.

Sole

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