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venerdì 16 marzo 2012

03 Marzo 2012

Posso affermare con assoluta certezza che questo turno è stato spettacolare. Per la gente. Per le parole. Per le risate. Per le espressioni dei visi.
La giornata è iniziata con una grande stanchezza accumulata dovuta ad uno studio matto e disperatissimo pre-esame. Nonostante questo però l’idea di fare un turno nuovo, diverso dal precedente e con Nuvola faceva della mia stanchezza qualcosa di secondario.
Indossati i camici e salite le scale ho fatto la conoscenza di una persona straordinaria e davvero divertente che ha dato al turno sfumature diverse rispetto a quelle che avrebbe potuto avere: la dottoressa Oliviona. Un concentrato di energie che devo dire, alla fine della giornata, ha avuto piacevoli-devastanti ripercussioni sulla mia zucca e sulla mia già precaria stabilità. Conclusione: svenimento sul letto una volta ritornata a casa.
In sala prelievi la gente era parecchia, tra la più diversa. C’erano quelli che leggevano e palesemente non volevano essere disturbati dalle nostre chiacchiere; c’erano mamme che speravano in un aiuto volto a tranquillizzare i figli prima del prelievo; anziani che avevano voglia di raccontare le loro storie; ...
Il turno questa volta si è caratterizzato per conversazioni prolungate all’insegna dell’ascolto più totale. Inizialmente ho parlato un po’ con due genitori, piuttosto preoccupati della imminente scelta della figlia a proposito dell’università: a quel punto ho cercato di far capire loro (con riferimenti alla mia situazione) che la cosa più importante per un giovane è appassionarsi a qualcosa e fare quello che più gli piace … altrimenti è praticamente tutto inutile. In seguito ho ascoltato un anziano signore e le sue riflessioni sui divertimenti dei giovani d’oggi (divertimenti diversi da quelli dei suoi tempi che prevedevano nel suo caso bocce, briscola e tre-sette) e sul modo che certi ragazzi hanno di conquistare una donna, a detta sua (e concordo anch’io) privo di ogni maniera galante.
La dialisi è stata devastante, non tanto perché ho fatto fatica a parlare con la gente ma piuttosto perché ho trattato argomenti alquanto pesanti con un ragazzo straniero trasferitosi in Italia da sei mesi. La sua situazione è difficile dato che, da quando è arrivato, vive praticamente in solitudine, privo di amici e di qualsiasi contatto con il mondo esterno. Io credo, anzi sono convinta, che la sua condizione sia più che altro dettata da un adagiamento, dal preferire il “semplice” starsene da solo al “difficile” aver rapporti con gli altri ed istaurare relazioni. Il tutto aggravato da una sorta di alienazione da computer e TV. A quel punto ho fatto prevalere Agnese piuttosto che Liliflora e ho iniziato a spiegargli come sono stati i primi mesi da studentessa fuori sede, del come ci si deve rimboccare le maniche e di come spesso è bene farsi avanti e non sperare troppo nella compassione della gente rispetto al tuo non conoscere nessuno. Credetemi è stata una conversazione dura da sostenere, soprattutto perché la persona con cui stavo parlando mi guardava con le lacrime agli occhi e con quelli voleva comunicarmi il suo star male e il desiderio di tornare a casa (dato che con le parole non riusciva). Ho preferito rimanere lì con lui tutto il tempo che avevo a disposizione in dialisi sia per veder chiaro in questa situazione che per avvicinarmi con le vesti di una persona che è in grado di capirlo.
Il mio morale si è risollevato in pediatria nel momento in cui ho visto tre neo-mamme assieme ai loro bambini. Una di loro era preoccupata di come avrebbe reagito la figlia minore all’arrivo di un fratellino e a quel punto ho preferito ascoltare le parole rassicuranti di Nuvola dato che in quel momento non me la sentivo di dispensare consigli: l’atmosfera era talmente bella che le mie parole, probabilmente ovvie e banali, non sarebbero state appropriate. Voglio concludere il report ricordando quanto fossero pieni di vita gli occhi di un papà di fronte alla nascita del suo primo figlio.
Grazie a Nuvola e alla dottoressa Oliviona.

Un bacio a tutti
Liliflora

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