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Il servizio di clowncare viene svolto due volte alla settimana presso i reparti di Pediatria, Dialisi e Sala Prelievi dell'ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri (FI). Il progetto “M'illumino d'immenso” si propone il grande scopo, tramite l'insegnamento agli studenti delle tecniche di clowncare, di formare futuri medici consapevoli che il rapporto umano medico-paziente non sia un optional ma un elemento essenziale per il normale svolgimento della professione medica.


martedì 7 febbraio 2012

27 Gennaio 2012

Inizio con il dire che ero semplicemente in un’ansia terribile. Non sapevo assolutamente cosa aspettarmi dal mio primo turno, non tanto dalla gente che avrei incontrato (dal momento che sono convinta che le persone sempre e comunque ti danno qualcosa se solo ottieni la loro fiducia), quanto più che altro da me stessa. La mia incapacità a parlare dettata dal mio stato d’animo si è mostrata appena arrivata all’ospedale. Una signora molto carina infatti, che aspettava come me all’entrata (ma ovviamente per motivi diversi dai miei) avrebbe sicuramente iniziato a conversare con me se solo le avessi dato un minimo di confidenza … il fatto è che non riuscivo a formulare un pensiero diverso dal “ come diavolo si fa il clown?” Quindi in quel momento ho praticamente perso di vista il perché fossi lì e ho focalizzato l’attenzione su come non fare brutte figure, su cosa dire o fare e su tante altre questioni prive di senso: infatti ho capito 10 minuti dopo che era l’essere me stessa che avrebbe facilitato alquanto le cose. Ovviamente non posso negare che l’avere un naso rosso e un camice colorato aiuta, anzi è fondamentale. Una volta entrata nella sala prelievi da subito ho notato come la maggior parte della gente guardi un clown con occhi diversi: percepiscono in lui non solo il suo lato buffo ma soprattutto quel modo più diretto e spontaneo di dire le cose. Quello che in fondo desidererei anch' io se mi trovassi in un contesto del genere, dove tutto ciò che è consuetudine è terribilmente opprimente nonché demoralizzante. È proprio l’essere stata la “ non consuetudine” che mi ha fatto stare bene. Due signore, due di quelle a cui piace passare i lunghi tempi morti in sala d’aspetto a chiacchierare di qualsiasi cosa, mi hanno subito dato confidenza; un signore aveva iniziato già a lamentarsi dell’attesa nonostante (a differenza di molti altri) aspettasse da soli dieci minuti: questo è stato per me un’occasione per intraprendere con lui una conversazione e scioglierlo un pochino, dato che stava prevalendo il suo fare burbero piuttosto che la sua socievolezza; poi ancora un’altra signora che m’ha raccontato in poco tempo la sua giornata abituale; ... Devo ammettere che tra tutti i reparti quello della dialisi, anche se cela dietro un grande star male, permette di percepire meglio rispetto agli altri reparti, il coraggio della gente. Le parole d’ordine direi sono “saper convivere con un problema” e “trarre forza dal problema stesso”. Ho conosciuto Gino e Gino con uno dei quali ho intrapreso una conversazione sul calcio (e questo non l’avrei mai creduto possibile per la sottoscritta) e mi sono fatta qualche risata con l’altro che aveva praticamente il monopolio della TV a discapito degli altri pazienti; qualche stanza dopo ho piacevolmente chiacchierato con Bruno che mi ha raccontato dei suoi molteplici viaggi, del suo grande spirito di adattamento nonostante la malattia e della sua famiglia; ho salutato poi qualche signora qua e là, nessuna delle quali però era troppo propensa ad intrattenersi con noi, avendo del lavoro da sbrigare nelle ore di attesa o essendo impegnata in una qualche lettura. In pediatria ho fatto la conoscenza di una dolcissima bambina di 5 anni, Gaia, e di un ragazzo di sedici del quale però non ricordo il nome. Gaia come quasi tutti i bimbi è stata subito attratta dal nostro abbigliamento estremamente colorato sul quale ho spudoratamente puntato per farla parlare un pochino dato che all’inizio era piuttosto silenziosa. Una volta vinta la timidezza ci ha mostrato soddisfatta i suoi disegni, ci ha raccontato dei suoi cani e gatti e ci ha stilato un lungo elenco dei suoi cartoni preferiti. Il ragazzo invece, di buon umore nonostante la malattia, era soddisfatto del fatto che non sarebbe andato a scuola per altri tre giorni e, tra una battuta e l’altra di Gomitolo, ci ha parlato un po’ di sé e del suo odio per la scuola. Purtroppo la mattinata è passata in fretta … e quando il tempo scorre velocemente significa che ciò che hai fatto lo hai fatto intensamente e l’hai vissuto nella sua totalità. Non sto neanche a dire quanto la giornata abbia avuto un senso sapendo di aver regalato un po’ di me alla gente e di aver ricevuto da questa qualcosa, in modo disinteressato … Quindi ringrazio semplicemente Gomitolo,

Liliflora

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