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lunedì 16 febbraio 2009

13 Febbraio 2009

Carissimi clauni e amici oggi abbiamo un report particolare, ho fatto il turno con Sole e devo dire che lei è veramente brava e si fa coinvolgere tanto nelle cose e questo secondo me è un bene prezioso, non tutti quelli che fanno questo mestiere la pensano così ma io si, penso fortemente che condividere la propria vita e utilizzarla per lavorare in ospedale sia un bel modo di svolgere questo mestiere, o "arte" (nel senso che avevano i mestieri nel rinascimento, ossia arti). Sole ha deciso di condividere con tutti noi una sua esperienza di vita per cui lascio la parola a lei ma prima di farlo ci tengo veramente tanto a ringraziarla di cuore per quello che da al progetto poichè, personalmente almeno, mi sta insegnando tanto, ciao a tutti voi splendide persone.
Nuvola
Vorrei iniziare con il dire che ultimamente mi sento diversa quando esco dall’ospedale dopo aver fatto il turno. Quando ieri sono tornata a casa mi sentivo come se non avessi mai lasciato i reparti. È stato strano, mi sono guardata allo specchio, controllando se per caso mi fossi dimenticata di togliere il naso rosso, ma non lo avevo addosso. Ho controllato se avessi ancora le codine in testa, ma così non era. Mi sono controllata da capo a piedi, controllando persino che odore avessi. Apparentemente ero la stessa persona di sempre,ma internamente c’era qualcosa di diverso….avevo l’ospedale dentro di me….avevo il clown dentro di me e soprattutto avevo i pazienti..…eccoli lì, legami stretti e impressi nel cuore, il gioco dell’oca con i bimbi di pediatria, la foto fatta da Cinzia (che mi chiama candy candy) in sala prelievi, le risate di una sfegatata fan di Nuvola che lo ha soprannominato “Benigni”, Francesco e le sue disavventure sentimentali. Loro e quello che mi dà stare con loro mi stanno cambiando, arricchendo, sono ormai parte di me ed è stato bellissimo realizzare che anche io, nel mio piccolo, sto diventando un po’ parte di loro e ciò non ha prezzo. Detto questo, vorrei esporvi un problema che ho avuto. In sala prelievi c’era una signora che ha rifiutato di interagire con noi. Fin qui niente da dire, può capitare, ma poi lei ha aggiunto che non crede nel fare le cose per gli altri, che quando ne avremo passate quante ne ha passate lei ci renderemo conto che ognuno dovrebbe agire solo per sé, che nulla serve a nulla, che è tutto inutile. Nuvola ha cercato di sdrammatizzare con una battuta ma io ci sono rimasta malissimo, anzi peggio. Non ero dispiaciuta,ero proprio arrabbiata! Sarò arrogante a pensarla così, ma le avrei voluto rispondere che era il contrario, era lei che dopo aver passato quello che ho passato io si sarebbe ricreduta! Lo so, lo so, è presuntuoso da dirsi, ma per me non c’è nulla di più importante della vita (sia in senso biologico che in senso più profondo). Purtroppo ho affrontato la “morte” già molte volte, e l’ho vista in tutti i suoi significati. quando ero più piccola l’ho conosciuta nel senso biologico: la ragazza di 15 anni che viene a mancare per una leucemia. ma quando sono cresciuta ho conosciuto l’altro tipo di morte, quello che forse fa ancora più paura, quello di quando il vuoto ti prende e tu non riesci più a sentir nulla, che sia gioia o disperazione, fame o sete, sonno o entusiasmo, e ti ritrovi in una clinica con la tua famiglia in lacrime mentre i medici ti medicano i polsi che tu stessa hai squarciato per cercare di sentire qualcosa, di provare una minima semplice emozione…questo è quello che so e che avrei tanto desiderato poter condividere con quella signora, almeno per cercare di scrollarla, di provocare una reazione. Credo che quello che mi ha irritato di più non fosse il fatto che lei si trovasse in quella situazione, ma che intenzionalmente ci volesse restare, che rifiutasse la "vita" per rimanere nella "morte". Bisogna combattere per la vita, sempre e in ogni caso, nonostante tutto. O almeno questo è il mio pensiero.Baci
Sole

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