Torno dall’Abruzzo con una carica da paura. Mi sento piena, diversa. Mi sento una Briciola che ha preso l’acqua e si è gonfiata, è diventata quasi visibile. E attendo con ansia il turno pensando di essere “pronta”, di essere finalmente, per una volta, più sicura. Preparo i vestiti con cui ho preso confidenza e mi incammino in un autobus gremito di persone. Ho un mal di testa allucinante da giorni e questo mi deconcentra un po’. Penso a quello che mi aspetta, a come sia bello fare un turno di pomeriggio e di come sia diverso. Formaggino è già ad aspettarmi. Parliamo un po’ e mi vesto. Il turno è stato strano. E’ stato il turno in cui ho detto meno parole della storia. Un turno quasi da film in bianco e nero e di quelli muti per giunta. Mi sento strana. Ovattata. Dalla situazione caotica dei miei giorni abruzzesi mi trovo in una calma placida e surreale. E mi sento spiazzata. Mi sento incapace di trovare Briciola in quel contesto che mi pare del tutto nuovo. Forse è che ho intravisto Briciola per la prima volta proprio in Abruzzo e adesso magari fa un po’ la timida e la preziosa e tarda ad uscire fuori. E’ un turno di ascolto. In pediatria facciamo qualche visita ai pochi bambini presenti. Lapo che è malato di troppi sorrisi, Astolfo (come l’abbiamo ribattezzato) che cerca di spaccare l’atomo in 7 e il calciatore 19 enne con la gamba infortunata in attesa di giornalisti e veline. Ridiamo di Lorenzo, bambino voluminoso e di Matteo che deve farsi le prove allergiche ma che alla fine non può fare e quasi ci resta male (tanto con Formaggino avevamo decantato le peripezie del dottore tra incisioni, sangue e torture macabre!!!!). Poi c’è la dialisi. E lì mi sento sempre a casa. Mi sciolgo. Conosco un signore che mi dà preziosi consigli sulla polizza assicurativa, rincontro Viola, il signore dagli occhi pieni e una signora triste e rassegnata. C’è anche Pietro. Ma dorme e non lo disturbiamo. Mi fa molto effetto vederlo così. Gli passo vicino e gli sfioro la mano. Sento un rispetto quasi sacrale nei confronti di quella nobile vita.
Il turno finisce. Sottotono come era cominciato. E penso che quest’oggi sia stato importante. Importante perché ho capito che talvolta la tranquillità, la normalità, al quotidianità è più difficile e subdola dell’emergenza, dello straordinario. E questo mi serve per tenere a mente che non c’è mai un punto definitivo, non c’è mai un sentirsi pronti e adeguati che vada bene, ma c’è bisogno di umiltà, di attenzione. C’è bisogni di fare un passo indietro se questo serve a farne due in avanti. C’è bisogno di ritrovare equilibrio in ciò che ci sta vicino, grazie a ciò che ci sta vicino. E di questo mi viene da fare paralleli con la vita. Con i rapporti tra le persone. Spesso ci dimentichiamo di quanto sia vitale e difficile vivere la quotidianità, vivere gli affetti di chi ci circonda costantemente. E in questa nostra ordinarietà sta lo straordinario. Sta il significato profondo di quello che siamo e che dobbiamo alimentare.
Un abbraccio forte da un Briciolina
Nota (parecchio) a margine: Ciò che avete letto dimostra che Briciola non è – come da mesi era riuscita a farci credere – una studentessa ventenne, ma Rita Levi Montalcini diabolicamente camuffata.
Professoressa Montalcini, è davvero un onore lavorare con Lei.
Formag
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