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martedì 28 luglio 2009

24 Luglio 2009

Inizio questo report di Stellina rispondendo alle sue domande, io non penso che il nostro modo di lavorare sia limitato, in realtà non è neanche proprio spontaneo poiché io personalmente ci ho messo anni per riuscire a fare ciò che volevo, probabilmente sembra spontaneo ma io penso molto prima di dire o fare qualcosa, poi cerco di buttarlo come se fosse una improvvisazione ma molto poco di ciò che faccio è davvero improvvisato, parecchie cose e situazioni che creo sono già state fatte molte altre volte e so precisamente dove andremo a parare e dove arriveremo con il discorso, ovviamente siccome cambiano le persone con le quali interagisco non sempre è proprio uguale ma più o meno viene fuori ciò che desidero esca, e non penso sia limitato poiché le persone si aprono davvero e se uno lo fa con me che neanche mi conosce io penso di averlo superato il limite e non di averlo creato, per quello che riguarda il pianto invece ho una mia teoria personale, ossia se io riesco a far tirare fuori delle sensazioni dolorose alle persone queste sensazioni escono e poi dentro fanno meno male di prima, per me è un onore quando qualcuno si fida a piangere con me e sento che quella volta è andata davvero bene, penso sia cretino che il clown debba far solo ridere e penso anche che se in una situazione non c’è niente da ridere io non devo forzare il riso e sentirmi realizzato solo se ho fatto ridere, io personalmente tengo al pianto e alla risata nella stessa maniera ed entrambe mi dicono che il turno è riuscito bene e comunque per me fare questo lavoro vuol dire proprio condividere insieme delle sensazioni, qualsiasi esse siano, quando ti trovi davanti a una madre che ha perso un figlio da poco meno di due ore che cazzo c’è da ridere? Se io trovassi un clown che mi vuol far ridere gli tirerei un comodino sulla schiena….se invece trovassi un essere umano col naso rosso che magari lo abbassa un attimo come se fosse un rito fatto apposta per me e mi permettesse di parlare o di non parlare se non voglio ecco, là mi sentirei compreso….io raramente mi tolgo il naso ma quando lo faccio ha un senso profondo e penso proprio che si avverta, magari poi abbraccio una persona e sto là, fermo e zitto per 5 minuti, poi gli accarezzo la testa e me ne vado in silenzio, ogni volta che ho fatto questo le persone mi hanno ritrovato dopo anni, si sono ricordate di me e mi hanno ringraziato….ecco per questo non lo sento affatto limitato ma se qualcuno di voi lo sentisse limitato allora trovi qualcos’altro da fare che vada bene per lui o per lei, io però sono a posto così e non penso di cambiare il mio metodo che finora ha funzionato bene e senza darmi sensazioni di errore ma voi siete libere di sperimentare ciò che volete. Poi per quello che riguarda il discorso che questo lo potrebbe fare chiunque ho i miei dubbi, se per chiunque si intende un parente è ovvio che se uno sta male si sfoga con un parente ma ricordatevi sempre che sfogarsi con un parente non sempre è possibile e comunque è diverso che sfogarsi con un perfetto sconosciuto che poi non rimane coinvolto nel proprio dolore e che poi non va consolato a sua volta come si farebbe con uno zio o con un fratello, inoltre non penso che qualunque sconosciuto possa far sì che le persone parlino con lui, a me molto spesso le persone raccontano la loro vita e non penso lo farebbero con chiunque. Stellina poi si chiede come si fa a tirare fuori un sorriso quando la sofferenza e i problemi sono tanti, io rispondo invece con una domanda.....in queste situazioni siete assolutamente sicuri che un sorriso aiuti? Io lascio a voi la risposta, la mia la conosco bene.

Per finire questo lungo inciso devo dire che nell’ultimo turno fatto con Cherida abbiamo trovato una signora, Ione, che stava molto male, non camminava bene e si era fatta una operazione a proprie spese per la bellezza di 42.000 euro e che non ha nessuno che la aiuta per fare le commissioni, le ho dato il mio telefono e quello di Formaggino dicendole che se ad agosto aveva un problema poteva chiamare e che noi l’avremmo aiutata, per cui fino al sette agosto io ci sono ma dall’08 al 22 se chiama per favore aiutatela perché ha davvero bisogno, detto fra noi la signora Ione è molto orgogliosa e dubito chiamerà ma almeno sa che qualcuno c’è e pareva molto più tranquilla dopo la nostra chiacchierata, basta ciao a tutti.

Nuvola

Ho fatto il turno con Cocci Nella, devo dire che è stato un turno piacevole e rilassato. Abbiamo fatto un esercizio molto bello di Cocci per entrare in sintonia tra di noi (che potremmo fare anche alle riunioni tra l’altro), poi abbiamo saltato la sala prelievi e ci siamo dirette in pediatria dove però c’erano soltanto i piccolissimi Riccardo e Matteo con le loro mamme e le lampade per diventare abbronzati (in realtà per l’ittero ovviamente). Dunque è stato un turno praticamente dedicato per intero alla dialisi: stranamente non ha pianto nessuno con me!!! Incredibile! Questa cosa del “piangere” mi divide un po’....cioè: è una cosa positiva che le persone piangano col clown? Il clown in ospedale in fondo a cosa serve? Mi sto chiedendo un po’ questo: se si limitasse a far ridere e a tirare su il morale non sarebbe la filosofia di Patch Adams che stiamo seguendo, il clown-dottore deve sicuramente creare una empatia con il malato e caricarsi un po’ della sofferenza che grava su questo. Se si sfoga tramite il pianto, probabilmente non ha importanza e significa che era il bisogno di quella persona in quel momento, perché non sempre si ha voglia e necessità di ridere. Ma qual’è allora il senso? Se vado per portare un sorriso, un sollievo e si ha invece solo un pianto, una confidenza sincera sui propri dolori legati non solo alla malattia, ma alla vita in generale...ecco, in quel turno ho svolto il mio dovere? Perché è questo che mi capita spesso. Forse dopo il pianto ci dovrei riuscire a tirar fuori un sorriso! Ma come si fa a trovarlo quando la sofferenza ed i problemi sono tanti? Come si può fare a portargli qualcosa che sia di più del sentire, del condividere insieme? Perché a volte sento che questo non basta e lo potrebbe fare chiunque. Abbiamo parlato un po’ con Cocci e lei ha qualche idea, forse una piccola soluzione che sta nell’integrare il nostro modo di essere clown, spontaneo e sincero ma a volte limitato, con quello che è la sua esperienza precedente di clown in ospedale. Credo davvero che questa possa essere una ottima occasione e che mi, forse ci, potrebbe far migliorare. Un grazie e tanti complimenti a Cocci Nella, oltre ad un “Bentornata!!!” alla stoica Schiettina Saluti a tutti.
Stellina
Una piccola nota sulla festa da Francesco: grazie a tutti per questa meravigliosa giornata di cui avevo immensamente bisogno. E scusate se ho accidentalmente dimenticato il tappa-naso a casa!

1 commento:

formaggino ha detto...

Voglio brevemente rispondere anch'io a Stellina, riguardo all'azione limitata. Penso che qualsiasi azione umana sia di per sé "limitata", perché ognuno di noi lo è di fatto. E' anche chiaro che alcune strategie possono ampliare un'azione e renderla quindi meno limitata. Rispetto alle parole di Nuvola, che condivido pienamente, mi viene da accendere una riflessione sulla faccenda dei "metodi": ben vengano le varianti, ma con cura e rispetto per una filosofia che - pur non volendo essere rigida - ha la sua nitida rispettabilità e (a questo punto mi pare dimostrato) poco ha da invidiare alle supercazzole delle multinazionali del sorriso. Mi spiego: la carbonara fatta bene, viene fuori se si segue la ricetta giusta. Può non piacere, ma è quella. Non è che ad aggiungerci il ketchup (che sull'hot dog ha un suo perché) sia più buona, anzi... Quindi, stiamo attenti a voler aggiungere il ketchup nella carbonara.


Formag