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giovedì 12 marzo 2009

10 marzo 2009

Pomeriggio. La giornata è già avviata. La stanchezza della mattina si fa sentire. L'autobus è pieno. la testa pure. Voglio indossare Briciola sui miei vestiti di Irene. In quest'ultimo periodo Briciola mi sta cambiando. Mi sta entrando dentro a piccole dosi. Formaggino c'è già. Riconosco da lontano il suo bagaglio di colori. Mi accoglie a braccia aperte: quale mezzo migliore per cominciare al giornata!!!!! Poi il cielo si fa scuro. Mi dice di Virginia, mi dice del suo tentativo di buttarsi dalla finestra. Sento il buio nella testa, avrei voglia di piangere, sento che tutto è più delicato del previsto e il previsto era già di suo molto delicato. Cominciamo e io sono sottotono. Non faccio che pensare alle parole di Formaggino. Respiro, via, si comincia. Aspettando l'ascensore incontriamo Milena Vukotic, è una visione. Nei corridoi il pomeriggio regna sovrano. Quasi un tendone che sta sbaraccando, c'è meno concitazione, meno frenesia, c'è quasi meno reticenza a mostrare quella che è la vera natura di quei corridoi. Pediatria. Virginia non c'è. Cominciamo con le prove allergiche con un orecchio teso in attesa del suo ritorno. Ci divertiamo molto, ridiamo. Eccola. Entro nella sua stanza. Sono sola. Lei non saluta. Io mi dirigo dall'altro bambino e faccio finta di nulla. Parlo un po' con lui della bruttezza delle maestre e delle befane e del fatto che befane e maestre probabilmente sono le stesse persone. Poi mi avvicino. le chiedo se mi posso sedere. Non mi guarda. Sta risolvendo un cruciverba. mi abbasso il naso. Non mi guarda. Ispeziono il suo comodino è pieno di fiori. Mi colpisce un piccolo mazzolino di fiori di campo. Le chiedo chi lo ha fatto. Mi dice lei. Non mi guarda. Parlo un po' del più e del meno. Ma non mi guarda. Allora rischio, sento che sto parlando del nulla e che Virginia ne ha le tasche piene del nulla. Rischio. le dico di me. Del fatto che so quanto sono scomodi i letti in ospedale. le dico che li ho provati per un po'. Mi guarda. I suoi occhi fissano i miei. Mi chiede perché. Le comincio a raccontare della mia esperienza, della paura di avere un tumore, del fatto che ho vissuto la vita d'ospedale, le sue contraddizioni, il suo essere asettica e fredda. Mi guarda. Continuo a parlare di me, di quello che mi spaventa, dei mie sogni, della fragilità. Parlo della sensibilità, del sentirsi persi, parlo del vento d'estate del mare, della poesia dello zucchero che cade nel tè, nei rumori più belli che fanno gli oggetti che non consideriamo. Mi sorride. Non potrebbe regalarmi di più. Parliamo molto, sorride ancora. Ride del mio modo di vedere le cose, del mio dipingere gli oggetti con prospettive strane. Solo questo spero di averle regalato, un po' di me e della mia voglia di cercare orizzonti. Sento che siamo entrate in sintonia, che ci capiamo. Me lo dice lei che mi capisce. Le regalo un quaderno di carta riciclata. tolgo il biglietto che le avevo scritto.
Per oggi mi sembra che le parole siano state anche troppe. Il caso vuole che il quaderno abbia la copertina blu e le pagine verdi. Blu, il colore preferito di Virginia, verde, il mio. La saluto e la ringrazio. I suoi occhi, quel brivido non riuscirò a scordarlo. Scendiamo in dialisi. e' un cominciare di nuovo con nuovi frammenti, nuove vite. Gli incontri sono sempre molto belli, imparo un sacco di cose, imparo a seminare le zucche, a cucire abiti da sposa e a dire qualche frase in francese. Poi il pomeriggio scivola tra le pieghe delle ore e sorge la luna mentre usciamo.
Nel cuore la voglia di cercare, di trovare qualcosa che possa ridare a Virginia la voglia di vivere.
Grazie mille Formaggino, senza di te non sarei mai riuscita ad entrare in quella stanza.

Vi voglio bene.

Briciola

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