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giovedì 3 maggio 2012

30 Aprile 2012


Buongiorno cari clauni e amici, lunedì scorso era destino che facessi il turno in solitaria, Pan non poteva esserci per motivi di lavoro e così l’ha sostituito Fragola, che la mattina si è alzata tardi e allora le ho consigliato di non venire visto che sarebbe arrivata quasi a fine turno. Un turno particolare, ricco di tanta roba, ho iniziato fuori dall’ospedale che ancora dovevo cambiarmi, ho trovato sulle panchine fuori dall’ospedale un signore col cane che vedo spesso, così l’ho salutato, ho fatto due carezze al cane e lui si è magicamente aperto, mi ha raccontato tante cose personali, problemi coi figli, con le dipendenze, con i tumori e chi più ne ha più ne metta, sono rimasto inebetito per qualche minuto, poi ho pensato come fare per aiutarlo, ma siccome la situazione era davvero complessa ho fatto quello che faccio sempre in questi casi, mi sono detto disponibile all’aiuto fisico se fosse servito e l’ho abbracciato, mi sono seduto accanto a lui per comunicargli che il dolore era grande ma io potevo stargli accanto senza paura del suo dolore, che con me poteva parlare tranquillamente per quanto tempo voleva e che avremmo parlato prossimamente visto che ci incontriamo spesso, lui ha apprezzato, la mia sensazione è stata quella di apparente inutilità, ma probabilmente non potevo fare di più, solo che a volte ci sentiamo davvero impotenti davanti a tante cose tutte insieme, la prossima volta proverò ad approfondire ulteriormente, probabilmente ci vorrà qualche mese prima di trovare una risposta che abbia un senso.

Sono poi andato a cambiarmi e sono partito con la sala prelievi, stranamente affollata anche se sotto un sacco di feste, poi sono stato in dialisi, ho parlato con i Gini, con Bruno, Patrizia e gli altri. Sono quindi passato davanti alla farmacia per andare in pediatria e là ho trovato altre due situazioni difficili, ho provato a incoraggiarle e stavolta è andata un poco meglio, avevo più energia vitale dopo aver fatto la dialisi rispetto all’inizio del turno preso a freddo. Pediatria quasi vuota, solo una ragazza grande con la quale abbiamo parlato a lungo di scuola, lavoro e vita in generale, poi ho trovato due genitori stranieri, rumeni, con il bimbo piccolo ricoverato, niente di grave, era solo molto stanco e loro erano preoccupati per l’altro bimbo di 6 anni a casa coi nonni e che voleva la mamma che era in ospedale col fratellino malato, stavo per uscire quando abbiamo affrontato il discorso sul razzismo e sull’integrazione, abbiamo parlato per oltre un ora insieme a cuore aperto, ho provato a trasmettere loro tutto l’amore che avevo, erano parecchio provati da alcune situazioni poco piacevoli sopportate negli anni, erano senza un lavoro stabile e con una casa da pagare, non sapevano se andarsene dall’Italia o se restare ancora, insomma in quell’ora ho diviso in due il mio intervento, la prima mezz’ora a scusarmi a nome degli italiani per i trattamenti subiti e l’altra mezz’ora a spiegare loro che avremmo bisogno di persone straniere che riescano a sopportarci per vedere se alla fine si cambia un poco questo cavolo di paese, ho puntato tutto l’intervento sul fatto di far loro capire che loro sono dei pionieri come stranieri in Italia e che dovrebbero provare a restare, a vedere se c’è possibilità di far crescere qua i loro figli, cosa che vorrebbero fare davvero, sperando che tra 15 o 20 anni quando tanti stranieri saranno figli nati in Italia noi possiamo rapportarci con loro in maniera migliore di adesso, l’integrazione è cosa lenta e dolorosa a volte, ho recitato loro il rapporto americano degli anni trenta sugli immigrati italiani per fargli capire che non è poi molto diverso da oggi e che ciò che stanno passando loro lo abbiamo passato anche noi., solo che oramai non lo ricordiamo più e siamo passati dall’latra parte della barricata, ho deciso che questo rapporto da oggi mi accompagnerà ad ogni turno, vediamo se serve, e visto che ci sono ve lo incollo qua sotto cosicché possiate ben capire i cosa sto parlando, giuro che il rapporto è vero, reale e parla del nostro caro amato popolo italico che tanto ha fatto per l’America, sia roba buona che cattiva (ricordiamo che Al capone era italo-americano e non era proprio un giglio).

Nuvola

1912 – CONGRESSO DEGLI STATI UNITI – Rapporto sugli immigrati italiani

“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali. Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione ”.

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