Oggi
era con me Erika, una nuova clauna al suo primo turno, ragazza
splendida, la cosa che ho notato a fine turno è che m'illumino
comunica ancora parecchio bene ai nuovi arrivi lo spirito corretto, e
di questo ne sono felice, Erika mi ha insegnato a guardare un poco
più questa cosa che, facendo da qualche tempo solo turni con clauni
che son con noi da un poco e non al primo turno, tendo a dimenticare,
grazie Erika. Vi lascio al suo report, un gramn bel report a mio
avviso
Nuvola
Eccomi
qua.. intanto vi saluto, io sono una new-entry, sono Erika e spero
-prima o poi- di riuscire a conoscervi tutti.
Oggi
è stato il mio primo turno e l'ho fatto in compagnia
dell'istituzione Nuvola.
Mi
ero già incontrata con lui e qualche altro clown per l'occasione di
"incontrabilmente" al parco dell'Anconella, in
quell'incontro Nuvola mi ha spiegato un sacco di cose sul progetto,
mi ha subito ripresa sull'utilizzo della parola "volontariato"
facendomela immediatamente sostituire con "la-vo-ro" e mi
ha illustrato le differenze (fino a quel momento a me sconosciute)
fra clown-terapia e clown-care.
Insomma,
quell'incontro ha illuminato d'immenso anche me e adesso eccomi qua,
a scrivere il mio primo report.
La
preparazione al mio primo turno è stata una non-preparazione: non mi
sono voluta creare aspettative, non mi sono preparata camice, nome o
nasetto rosso proprio perché non avevo la minima idea di cosa avrei
fatto e sentivo la necessità, prima di tutto, di conoscere.
Fisso
con Nuvola alle 8,15 al bar dentro l'ospedale, tappa armadietti per
lui e compilazione anagrafica per me, si parte.
<>, bene ora sì, partiamo.
Sala
prelievi: mi lascio trasportare dalla forza di Nuvola che parte con i
saluti ai pazienti in attesa, sento gli occhi delle persone addosso e
mi emoziono, ascolto Nuvola che fa ridere e rido anch'io.
Sfiliamo
lungo il corridoio passando da un paziente all'altro, Nuvola
interagisce verbalmente, io ci sono e interagisco senza aprir bocca.
Ad
un certo punto sento una vocina: <>; è un'anziana
signora, minuta e fragile, seduta ad aspettare il suo turno.
<>,
rispondo.
La
guardo e noto subito il suo bisogno di avermi lì, anche solo per
pochi minuti. Lascio Nuvola che continua il giro, io mi fermo con
Anna Maria e parliamo un po', questa piccola signora ha davvero
bisogno di esprimere tutto il suo dolore, inizia a raccontarmi un
frullato di esperienze devastanti della sua vita, io faccio da
contenitore, le sorrido con delicatezza e cerco di estrapolare da
quei racconti qualcosa di positivo, il fatto che fosse ancora viva
nonostante tutto, per esempio. Ci salutiamo con un abbraccio,
raggiungo Nuvola e poco dopo usciamo dalla sala.
waw..
sarà passata mezz'ora ma io mi sento già piena!
Poi
capisco che la sensazione di pienezza è estemporanea, come
abbuffarsi di sushi.. il riso appesantisce lì per lì, poi torni
leggera e affamata! (boh è il primo paragone che m'è venuto in
mente).
Tappa
dialisi: entriamo nelle stanze assicurandoci di non dare fastidio né
al lavoro degli infermieri né ai pazienti stanchi che riposano,
Nuvola conosce molti pazienti, mi presenta e inizia a chiacchierare,
il modo d'interagire in questo reparto è diverso, Nuvola propone un
discorso all'intera stanza e piano piano chi ha da dire la sua prende
parola;
l'argomento
in questione è: cani e gatti come figli.
Uscita
da questo reparto mi travolge un altro pensiero, che stavolta
riguarda me stessa e il mio modo di pormi: alle volte mi accorgo che
tendo a chiudermi di fronte a persone ostili o poco predisposte a
parlare, perché leggo in questa distanza un rifiuto da parte
dell'altro, o comunque un disinteresse nel comunicare. Questa prima
esperienza invece mi ha fatto capire che l'ostilità e la chiusura
dell'altro non sempre corrispondono al disinteresse, ma possono avere
molte sfumature di significato; possono voler dire "ho paura",
"sono triste", "mi girano le balle", "vorrei
essere da tutt'altra parte", "non so cosa dire", "sono
timido" e perché no, possono anche voler dire "non ho
voglia di parlare con te", ma questa è solo una delle tante
possibilità, per cui il mio impegno più grande sarà quello di
evitare di chiudermi davanti alla chiusura altrui, cercando di
comprenderla meglio, perché molti dei pazienti con cui Nuvola ha
interagito oggi, erano inizialmente silenziosi e cupi ma grazie a
qualche parola in più detta nel modo giusto al momento giusto si
sono aperti ed hanno trascorso qualche minuto in spensieratezza
pensando ai gatti psicopatici e al cane indomabile di Nuvola.
Dopo
la dialisi abbiamo fatto una breve pausa passando per il giardino in
cui Nuvola ha pianto la defunta (?!) ninfea, mi è piaciuto molto
quel triangolino di verde, dà una sensazione di allegria e
leggerezza, è solo molto triste il fatto che ogni pianta debba
essere recintata per evitarne furti o uso pattumiera, se fra
inciviltà e rallentamenti burocratici è venuto così carino chissà
come verrebbe se solo tutto fosse un po' più semplice.
Ultima
tappa SPDC: un bel reparto con pareti color pastello mi accoglie,
anche il personale è molto gradevole, c'è un clima rilassato e
tranquillo; i degenti non sono molti, ci sono due giovani ragazzi che
mi colpiscono; mi colpiscono gli occhi tristi di un ragazzo annoiato
che non sa cosa fare per impiegare il suo tempo in quelle quattro
mura e la delicatezza di un abbraccio datomi da Francesca, una
ragazza visibilmente appesantita dagli psicofarmaci ma estremamente
sensibile e forte, che chiede a Nuvola consigli su un libro, vuole
leggere un libro "che abbia un senso" come dice lei, anche
questo mi tocca.
Qui
si rafforza la mia idea che la maggior parte dei pazienti
psichiatrici siano persone straordinariamente ricche di risorse e
così sensibili da non riuscire a trovare un equilibrio sopra la
follia (per dirla con Vasco)!
Starei
ore dentro a quel reparto ma è tardi e abbiamo chiacchierato
abbastanza, salutiamo e ce ne andiamo.
Si
torna agli armadietti e si conclude così il mio primo turno di
"care", ho una bella sensazione addosso che condivido
subito con Nuvola, la sensazione di aver raccolto oggi ciò che
qualcun'altro ha seminato ieri.
Oggi
ho raccolto esperienze, storie condivise, sguardi, abbracci e sorrisi
di pazienti che hanno bisogno di dare e di ricevere proprio perché
c'è qualcuno che costantemente da e riceve da loro.
Quel
"qualcuno" siete voi, ognuno di voi ogni volta che fa un
turno è come se raccogliesse i frutti del clown precedente e
piantasse semi per il clown successivo, così l'impressione che ho
avuto oggi è stata quella di camminare su un bel terreno vivo e
fertile, ho avuto l'opportunità di raccogliere qualche frutto e
spero anche di essere riuscita a spargere qualche seme.
Nonostante
tutti i sacrifici, gli impedimenti burocratici, le porte in faccia e
l'inciviltà umana che imbratta e rompe qualsiasi cosa, se il lavoro
è fatto con passione da i suoi frutti malgrado tutto, ed io oggi li
ho visti.
Ciao!
Erika
:)
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